top of page
Image-empty-state.png

8 luglio 2020

La Sacra Scrittura più volte ci racconta storie di fratelli nelle quali è evidenziata più che la fraternità stessa, la conflittualità e la rivalità presente in essa cominciando dai primi fratelli menzionati nella Bibbia: Caino e Abele.

Dio desidera che i fratelli vivano in armonia e amore gli uni con gli altri (Sal 133, 1). Anzi, l’amore fraterno è usato come esempio di come i credenti dovrebbero trattarsi a vicenda (Eb 13, 1; 1P 3, 8).

Sappiamo, tuttavia, che non viviamo sempre come vorremmo e la rivalità tra fratelli esiste. Fratelli e sorelle litigano e combattono a vicenda, mentono e si ingannano reciprocamente, e a volte si trattano in modi orribili. Verrebbe quindi da chiedersi, può la fraternità diventare motivo di conflitto?

Ma allora come viverla?

Ciascuno di noi, se rimandato alla vicenda di Caino e Abele, tende naturalmente ad identificarsi nel “buono” Abele, ma, ad uno sguardo più attento e sincero, quanta parte del “malvagio” Caino è presente in noi?

Riconosciamo nel nostro cuore la nostalgia dell’altro, il desiderio sincero e profondo di una fraternità vera capace di arricchire e dare un senso alla nostra esistenza ma ci rendiamo anche conto di quanto sia fragile l’equilibrio che sostiene l’armonia delle nostre relazioni.

Abele e Caino ci pongono di fronte ad una domanda: perché è così difficile accogliere i propri fratelli?

In generale, perché è così complicata e faticosa da vivere la fraternità?

È forse perché confrontarmi con la diversità altrui e le verità di cui è portatore mette in discussione le mie. Ciò mi destabilizza e tanto più questo senso di smarrimento delle mie certezze aumenta, tanto più si trasforma in paura e sconfina in aggressività.

La fraternità, invece, è l’arte del vivere insieme nella diversità!

Tutto gira intorno alla domanda che Dio pone a Caino che è una continua provocazione alla tranquillità delle nostre coscienze: “Dov’è tuo fratello?”. La risposta forse c’interroga ancor più della domanda: “Sono forse io il custode di mio fratello?”. La replica non da spazio ad interpretazioni: “Sì, tu sei il custode!”

Noi siamo responsabili del fratello che ci viene posto accanto, sempre!

Ma allora, qual è la strada da percorrere per riscoprire e vivere la fraternità?

Il primo passo per riconoscere nella persona che ho difronte un fratello è riscoprirsi figli amati dallo stesso Padre. Riconoscersi, nella diversità, creature a immagine di Dio. In me si riflette il mio creatore quando è presente Abele il giusto, ma anche quando si manifestano le debolezze e i limiti di Caino. Ogni volta che identifico il valore della vita di mio fratello con i suoi difetti e comportamenti sbagliati, scalfisco e rischio di abbattere l’immagine di Dio che custodisce.

Allora fraternità è ri-scoprire la casa che ci accoglie tutti. È il luogo dove ri-generare le buone relazioni, dove sentirsi accolti. Fraternità è il luogo della fiducia, il luogo dove amare e sentirsi amati senza se e senza ma. È il luogo dell’incontro e del rispetto delle differenze. È il luogo della responsabilità!

Fraternità è poter dire senza paura: “Sì, sono io il custode di mio fratello!”

«[…] È necessario aiutare a riconoscere che l’unica via consiste nell’imparare a incontrarsi con gli altri con l’atteggiamento giusto, apprezzandoli e accettandoli come compagni di strada, senza resistenze interiori. Meglio ancora, si tratta di imparare a scoprire Gesù nel volto degli altri, nella loro voce, nelle loro richieste. È anche imparare a soffrire in un abbraccio con Gesù crocifisso quando subiamo aggressioni ingiuste o ingratitudini, senza stancarci mai di scegliere la fraternità.» (Evangelii Gaudium, 91)

bottom of page