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21 settembre 2020

"Seguimi" come Matteo

Una parola, un imperativo: “Seguimi!”, e un duplice gesto di resurrezione e di sequela: “Ed egli, alzatosi, lo seguì”. “Alzatosi” è un verbo che dice non solo la stazione eretta, ma anche l’atto del risorgere. “Lo seguì”. Corri dietro a me. Ecco tutto. Camminare dietro a Gesù, ma verso dove? Per quale strada? Matteo è il protagonista di questa storia, la sua vita è per noi cristiani l’esempio per divenire autentici discepoli. Ecco allora che proviamo a indicare le direzioni che Matteo ha seguito e che ci impegnano ad imboccare, per riflettere sulla sua figura in questo giorno di festa per la nostra diocesi.


…sulla strada della sequela
Matteo è il nome che gli dà Gesù, ma prima di diventarne discepolo si chiamava Levi ed era un pubblicano, un esattore delle tasse, un avido di soldi e sfruttatore della povera gente. Questo ci ricorda che nessuno degli uomini scelti da Gesù era un santo, anzi spesso erano dei peccatori, santi lo sono diventati, ricordandoci che tutto è possibile. Oggi si usa dire “Ti seguo su Facebook” e basta un click per confermare un’amicizia. Nella vita reale sappiamo che non è così, prima di diventare amici di qualcuno vogliamo delle garanzie, desideriamo conoscere a fondo la persona, le chiediamo tempo, spesso non ci fidiamo se non siamo sicuri dell’altro. Gesù invece dice a Matteo «"Seguimi’". Ed egli si alzò e lo seguì» (cfr. Mt 9,9-13) senza dire “aspè”, o “ti faccio sapere”.


…sulla strada della santità
Il Vangelo di San Matteo è una sorta di bestseller mondiale, ieri come oggi. Contiene il famoso “Discorso delle Beatitudini” chiamato anche “Discorso della Montagna”, che secondo molti è considerato la summa di tutto il pensiero cristiano, quasi un bignami del Vangelo. «Gesù ha spiegato con tutta semplicità che cos’è essere santi, e lo ha fatto quando ci ha lasciato le Beatitudini (cfr. Mt 5,3-12). Esse sono come la carta d’identità del cristiano. Così, se qualcuno di noi si pone la domanda: “Come si fa per arrivare ad essere un buon cristiano?”, la risposta è semplice: è necessario fare, ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel discorso delle Beatitudini. In esse si delinea il volto del Maestro, che siamo chiamati a far trasparire nella quotidianità della nostra vita» (Papa Francesco, Gaudete et Exsultate n.63).


…sulla strada dell’unità
La Cripta è il cuore del Duomo, della nostra Chiesa Diocesana in cui sono custodite le spoglie mortali di San Matteo. Non a caso l’altare maggiore della Cattedrale superiore si trova perfettamente in asse con la tomba: quando l’arcivescovo celebra lo fa sui resti di uno dei dodici apostoli, nonché uno dei quattro evangelisti. A Salerno siamo fortunati! Quando ci fermiamo a pregare in cripta è un po’ come andare in Terra Santa, ripercorrere idealmente il cammino di uno dei prediletti di Gesù, non un santo minore! Ed è proprio qui che ci sentiamo legati, uniti a Cristo, chiamati anche noi a Lui come accadde «mentre camminava lungo il mare di Galilea» (cfr. Mt 4, 18). Qui, sull’esempio di Matteo, siamo invitati a spenderci per l’altro ricordandoci che «non siamo noi a parlare, ma è lo Spirito del Padre nostro che parla in noi» (cfr. Mt 10,20).

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