Imperfetti nell'unità
Commento al Vangelo di domenica 13 dicembre 2020
III Dom di Avvento anno B - Giovanni testimone della luce - 13 dicembre 2020
Prima lettura: dal Libro del profeta Isaia, cap. 61 vv. 1-2, vv. 10-11
Io gioisco pienamente nel Signore
Con il Cantico di Luca 1 vv. 46-50 e 53-54 diciamo:
La mia anima esulta nel mio Dio
Seconda lettura: dalla Prima Lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi, cap. 5 vv. 16-24
Astenetevi da ogni specie di male
Dal Vangelo secondo Giovanni, cap. 1 vv. 6-8 e 19-28
Io sono voce, dopo di me la Parola
Giovanni, Maria e i profeti sono i personaggi centrali in questo tempo liturgico di attesa del compimento della storia. Oggi è il Quarto Vangelo a presentarci Giovanni, che è testimone di colui che compie le sette opere che Isaia presenta nella prima lettura: evangelizza, fascia le piaghe dei cuori spezzati, proclama la libertà, promulga l’anno di misericordia del Signore, consola gli afflitti, allieta gli afflitti di Sion e, settimo compito in tre parti dà loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito di lutto e canto di lode invece di un cuore triste. Dopo tutto questo Is 61,10 prorompe: «Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio» e può essere detto anche di Giovanni, che, rispetto agli altri vangeli, viene presentato come il testimone di colui che è venuto a realizzare le opere profetizzate da Isaia. Cosa comporta questa testimonianza? Giovanni è incaricato di mostrare la credibilità di Gesù e di portare a lui. Come Gio-vanni è una lampada che risplende, così ogni cristiano deve indicare la vera e unica sorgente di rivelazione: il Figlio di Dio.
Nel Quarto Vangelo, inoltre, Giovanni per ben tre volte, numero perfetto, dichiara di “non sono…”: non è il Cristo, non è Elia e nemmeno uno dei profeti. Egli è consapevole di non essere il Messia tanto atteso ma solo il precursore, per cui lo possiamo immaginare con un “dito puntato sul Cristo”, perché questa è la missione sua e anche di ognuno di noi oggi. San Giovanni Paolo II diceva di “ripartire da Cristo”, perché se non mettiamo sempre lui al centro, siamo solo autoreferenziali e facciamo della fede una religione banale e costruita dalle mani dell’uomo.
Il profeta testimone, poi, annuncia che “in mezzo a voi c’è uno che non conoscete”, per dire che non bisogna mai pensare di poter comprendere umanamente Gesù: egli è il mistero rivelato, che chiede una relazione di fiducia incondizionata. È il Cristo a immergerci (= battesimo) nello Spirito e a umanizzarci. Oggi la parola chiave è credere in Gesù.