Imperfetti nell'unità
Commento al Vangelo di Domenica 14 novembre 2021
XXXIII DOMENICA DEL T.O. – ANNO B
1a lettura: Dn 12,1-3
Salmo 15
2a lettura: Eb 10,11-14.18
Vangelo: Mc 13,24-32
In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.
Commento
Nella liturgia della Parola di questa domenica, XXXIII del tempo ordinario, proclameremo alcuni versetti del cap. 13 di Marco, dove Gesù rivolge un insegnamento escatologico alla comunità. Chiediamoci: qual è l’intento? Nell’attesa della gloriosa manifestazione del Figlio dell’uomo si ravvivi, in noi, la speranza (dalla preghiera di colletta - B). E come? Imparando a scorgere nella storia, anche quella personale, i segni dei tempi “imparando (in greco máthete, imperativo aoristo che comanda di iniziare un’azione) dalla pianta di fico” (cf v.28). Sull’albero di fico spuntano le foglie solo quando la temperatura è alta, lasciando così intendere che la stagione estiva è oramai vicina. Lo scopo della parabola è quello di dare una risposta sulla domanda pressante sul momento della fine e stabilire una relazione sicura riguardo al giorno e all’ora di “colui che viene” (in greco erchómenon, il veniente).
Il mondo, con le sue 35 guerre in atto, ci sta abituando a scorgere solo i segni della disperazione, della paura e della rassegnazione, perché sembra che l’uomo non sappia fare e pensare ad altro. Nessuno può negare alla natura di dare vita a piccoli germogli come nessuno può impedire a Dio di far sorgere dalle macerie, anche esistenziali, la speranza, la vita nuova. Nessuno!
Lasciamo che Dio, che Marco dall’inizio (1,15) alla fine (13) del suo Vangelo annuncia come “vicino”, trasformi tutta la nostra vita; illumini e riscaldi con la sua Parola le menti spente e i cuori freddi; conduca verso il compimento questa nostra storia intessuta di tribolazioni e smarrimenti, di lacrime, di sudore e di sangue.