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27 luglio 2020

Il Centro Diocesano, attraverso Maria Chiara, mi ha chiesto di scrivere una riflessione sulla mia esperienza di presidente, partendo da un articolo del 2016 dal titolo “Vicini a tutti: i presidenti parrocchiali di Azione Cattolica”. Vicini?!? Durante la pandemia?!? Questi sono matti! Eppure ci è capitato anche questo. Durante tutto il periodo ho dovuto, anzi, abbiamo dovuto trovare il modo migliore di essere "presenti" con ciascun socio, di continuare i rapporti con i bambini, con i giovanissimi, con i giovani, di coltivare la relazione con le famiglie e con gli adulti; preparando ed “offrendo” la catechesi con nuovi strumenti, altri metodi, inventando sistemi per essere comunità, anche ciascuno nella propria casa, abbiamo pregato insieme per i morti, abbiamo gioito per i compleanni (quelli importanti, quando si raggiunge quota 50), abbiamo vissuto la Pasqua, ci siamo detti quanto ci mancava l’Eucarestia. Mai tutto questo è stato solo merito mio; se fossi stata da sola non l’avrei potuto fare. Ed ecco che la prima grande relazione e condivisione la vivo con il consiglio parrocchiale e, ancora meglio, con gli animatori dei gruppi, i veri servitori di ogni socio di AC.

“Il presidente parrocchiale conosce tutti gli aderenti, anzi li conosce ad uno ad uno”… Per favore non mi interrogate, non sono certa di ricordare tutti i nomi a memoria, ma vi assicuro che prima di ogni incontro chiedo agli animatori di chiamare tutti e ciascuno, in particolare quelli che non si vedono da un po', le persone più anziane... Pensate, per l’assemblea ho invitato anche tutti i precedenti presidenti e, notare, senza temere confronto!!!


L’associazione è una famiglia ed io sono presidente di un’associazione che è prevalentemente formata da interi nuclei familiari – Quelli che non sono parenti fra loro, comunque la parentela se la sono cercata (vedi compari e comparielli) – Come si può ben capire, neanche questo è merito mio. So per certo che insieme a tutti gli adulti abbiamo sempre una costante ed attenta preoccupazione per i piccoli, per i giovani, lo ripeto spesso e, qualche volta, fino alla noia, che l’AC è vera solo se non dimentica mai di avere un impegno educativo per costruire la comunità educate, in cui ciascuno ha e fa la sua parte, perché vi assicuro che i miei acierrini hanno tanto da insegnarmi.


“È amico del parroco”…questa è facile! Il mio parroco lo conosco da 40 anni, l’ho conosciuto al mio primo campo ACR, io una 12/14, lui l’assistente diocesano dell’ACR; poi è stato il mio confessore quando ero nel settore giovani, da quasi 10 anni è in parrocchia. Ogni volta che ci vado mi ricorda quanto ami l’AC, ma soprattutto sono certa che vuole bene a ciascuno di noi; io dico che fin troppo spesso mi fa fare delle cose (che io presento come importanti proposte pastorali) da pazza, senza fermarmi. In ogni occasione o momento importante della parrocchia, l’AC c’è. In sostegno ed accompagnamento alle espressioni di carità della vita parrocchiale c’è un socio di AC a servizio, non si è mai fatto un consiglio pastorale senza la partecipazione (non sto dicendo presenza) dell’AC che discute, si interroga, propone, condivide. Abbiamo una battaglia in atto, io e il mio parroco... Tutte le volte mi ricorda che non devo fare sociologia, ma vivere la fede, la speranza e la carità. Vi assicuro, però, che non mi ha mai fatto mancare il suo appoggio quando ho/abbiamo organizzato iniziative ed attività che andavano oltre gli spazi della parrocchia: la catechesi e la pastorale, destinate a promuovere riflessioni, momenti di confronto e condivisione su temi importanti e sui quali i cristiani e tutti gli uomini devono interrogarsi (vedi incontro con psicologa per cellulare si/cellulare no ai bambini; minori stranieri).


Adesso ve ne racconto una bella… Quando nello scorso triennio occorreva, per scadenza dei termini, eleggere un nuovo presidente, ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che prima di decidere chi sarebbe dovuto essere, avremmo dovuto pensare dove volessimo andare, che progetti avessimo per la nostra associazione. Ci siamo detti che c’era bisogno di essere più comunità, di essere più presenti ed in relazione con le altre realtà della parrocchia e del territorio, abbiamo delineato un profilo di presidente che fosse nato e cresciuto in parrocchia e nel quartiere, che avesse la capacità di dialogare anche con chi non è proprio simile a noi, che avesse un poco la “capa fresca”, con tanta voglia di sorridere, ridere, per portare gioia… Ben comprendete che sono le caratteristiche possedute da tutti gli esseri umani…Allora abbiamo preparato i bigliettini ed estratto a sorte…FERMI, SCHERZO...Allora il Signore attraverso i miei soci di AC ha scelto me. Intanto combino qualche "guaio": tutte le volte che rappresento ufficialmente l’associazione, vedi per esempio la festa dell’adesione, i momenti di animazione parrocchiale, io mi sciolgo in lacrime, sempre di commozione e di gioia per il grande regalo che ho ricevuto dal Signore e dalla mia comunità parrocchiale ad essere chiamata a servire l’AC e la Chiesa.


Scusatemi, giusto per finire, vi voglio far notare che difficilmente troverete me come soggetto, al primo posto... Non è modestia la mia...Vi assicuro che il presidente parrocchiale non si può fare da solo, si fa per gli altri e con gli altri.

​Vittoria Caffaro

*Riferimento bibliografico.: <<Un'AC tra le case>> (sito AC nazionale)

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