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Commento al Vangelo di domenica 11 aprile 2021

II Dom di Pasqua - Avevano un cuore solo e un’anima sola - 11 aprile 2021

Prima lettura: dal Libro degli Atti, cap. 4 vv. 32-35
Nessuno tra loro era bisognoso

Con il 117 diciamo:
Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre

Seconda lettura: dalla Prima Lettera di San Giovanni apostolo, cap. 5 vv. 1-6
L’amore di Dio comporta osservare i suoi comandamenti

Dal Vangelo secondo Giovanni, cap. 20 vv. 19-31
Mio Signore e mio Dio!

La prima lettura proclama uno dei grandi sommari del Libro degli Atti degli Apostoli, che funge da introduzione poi a due avvenimenti emblematici: Giuseppe detto Barnaba e l’episodio negativo di Anania e Saffira. A Gerusalemme ormai si sta realizzando il fatto di gestire i beni facendo in modo che non ci fosse tra i credenti chi permanesse nel bisogno. Già nel Deuteronomio (cf. Dt 15,4 LXX) era stata avvertita l’esigenza che l’ascolto del Signore e la fedeltà alla sua chiamata conducessero all’unità, facendo di fatto sparire i bisognosi.
Nella comunità primitiva non si facevano discussioni in astratto sul diritto di proprietà privata, né si teorizzava sullo sta-to sociale e nemmeno l’interesse per i poveri era solo un obbligo morale. L’evangelista Luca non intende nemmeno voler presentare una “mistica della povertà” e nemmeno una dimensione “ascetica” della stessa. Luca dice che il problema dei poveri a Gerusalemme tra i discepoli di Gesù è risolto. Già nel suo vangelo Luca ha mostrato questo tema (cf. Lc 3,11; 6,35.38; 12,21; 16,9; 19,8) e negli Atti degli Apostoli descrive come la parola evangelica non sia utopia, ma un “sogno” (come dice Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti) realizzabile e una prassi vivibile. Ovviamente non si de-ve dare per scontata, perché chiede sempre una libera scelta e una consapevolezza che la comune adesione a Cristo por-ta alla condivisione tra i credenti. Ecco perché dopo questo sommario riporta l’esempio positivo di Barnaba, che vende un campo e dona il ricavato ai discepoli per i poveri della comunità, e il gesto non trova solo altri che lo vivono, ma an-che scatta il desiderio dannoso di chi imita il gesto solo per apparire cristiano, senza averne la responsabilità e senza aver fatto discernimento: diventa una vita formale, inammissibile e completamente vuota.
L’altro esempio è quello della coppia Anania e Zaffira, che vendono ma trattengono per sé dei beni per sicurezza e sono così esempio nella comunità di persone che non vivono la Pentecoste e non maturano gesti liberi, scelti con discernimento e senza alcun egoismo. Essi non hanno aderito alla fede liberamente e non si sono fidati.
La Pasqua impegna i credenti a riflettere sul serio per fare scelte durature e per convinzione profonda. Il testo di oggi vuole farci riflettere che la vita nostra in comunità è la cartina al tornasole della relazione con Cristo e con lo Spirito Santo: o si cammina insieme e si costruisce una comunità reale, con tutti i limiti e le fragilità, che sono sempre presenti, altrimenti tutto è giocato sull’apparenza ingannevole, e la propria testimonianza diventa solo pubblicità a noi stessi e auto-referenzialità. Chi vuol essere autentico discepolo di Gesù costruisce su di lui e non su false sicurezze, come hanno fatto Anania e Saffira: chi si distacca dai beni di questo mondo è davvero discepolo e la sua scelta deve essere libera e frutto di conversione del cuore. È un sogno da costruire insieme ma che non sia una struttura istituzionalizzata e impositiva.

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