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Commento al Vangelo di domenica 18 aprile 2021

III Dom di Pasqua - Dio ha risuscitato Cristo dai morti - 18 aprile 2021

Prima lettura: dal Libro degli Atti, cap. 3 vv. 13-15 e 17-19
Pentitevi e cambiate vita

Con il Salmo 4 diciamo:
Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto

Seconda lettura: dalla Prima Lettera di San Giovanni apostolo, cap. 2 vv. 1-5
Gesù è il nostro avvocato presso il Padre

Dal Vangelo secondo Luca, cap. 24 vv. 35-48
Toccatemi e guardate!

In questa terza domenica di Pasqua nel Libro degli Atti abbiamo l’episodio che segue alla guarigione del paralitico alla Porta detta Bella. Pietro tiene tre discorsi negli Atti e ognuno di loro è preceduto da un avvenimento che lo presuppone. Pietro, come molti dei suoi amici, non erano studiosi della Legge o scribi dediti allo studio delle Scritture e nemmeno dei maestri ufficiali. Sono stati chiamati sulle sponde del Lago di Galilea (cf. Mc 1,14-20, terza domenica del TO, domenica della Parola) e Gesù ha promesso loro di farli diventare pescatori di uomini. Hanno lasciato il proprio mestiere, del quale erano sì esperti, e hanno vissuto a tempo pieno dietro a Gesù, facendo spesso fatica a tenere il passo del Maestro. Dopo Pasqua, però, avendo ricevuto lo Spirito a Pentecoste diventano intrepidi, come in occasione della guarigione del paralitico, che ha destato curiosità e interrogativi. Questi eventi prodigiosi lasciavano interdetti le persone e Pietro, allora, ne dà la spiegazione (ecco il testo di oggi) con un discorso congiunto all’evento, offerto a tutti come risonanza della sua esperienza di credente. Possiamo dire che l’evangelista Luca intesse fatti e parole che costituiscono una rivelazione.
A chi parla Pietro? Sono i giudei dell’epoca, ai quali è rivolta la parola da parte dei discepoli di Gesù, visti come all’opposto dei saggi religiosi del tempo. Tenendo conto di questo si comprende la perplessità dei giudei. Come a Pentecoste nel discorso di Pietro notiamo una progressione negli appellativi usati da lui: «Uomini di Giudea e abitanti di Gerusalemme» (At 2,14), «Uomini d’Israele» (At 2,22), «Fratelli» (At 2,29). Nel cap. 3 abbiamo: «Uomini di Israele» (At 3,12), «Fratelli» (At 3,17), «prima di tutto a voi/a voi per primi» (At 3,26). È davvero notevole questo sviluppo, che poi arriva a dire: «14Voi avete rinnegato il Santo e il Giusto e avete chiesto che fosse concessa la grazia a un omicida; 15avete ucciso il Primo dei viventi, che Dio ha risuscitato dai morti. Di ciò noi siamo testimoni» (At 3,14-15).
Sono accuse molto forti, anche se li si chiama “fratelli” e si accorda loro un certo primato. Cosa c’è in questo testo? Troviamo l’annuncio (il kérygma) cristiano, cioè la novità sconvolgente che deriva dall’accoglienza della buona notizia (= vangelo). Non solo, ma è importante recuperare anche il v. 16, che dichiara come per la fede nel nome di Cristo il paralitico è stato risanato. Pietro sta facendo sentire loro l’amore salvante, che precede la conversione e il cambiamento delle persone. I credenti, animati dallo Spirito di Pentecoste, stanno dando una visione del modo di agire di Dio che è sconvolgente e forse anche scandalosa in tutti i tempi: Cristo risorto compie l’evangelizzazione come l’inviato del Padre e la “questione Gesù” resta sempre centrale, anche oggi. Pietro annuncia loro che Gesù è il vivente che si rivolge loro e dona la shalôm, la pace, un bene che sempre ci precorre nel futuro e che apre a esso. C’è stata ignoranza (v. 17) nel non capire che il Cristo era il Messia, ma ora l’evangelizzazione offre loro la possibilità di prenderne coscienza e di cambiare. Dio, inoltre, ha portato a compimento il suo disegno e anche chi si è opposto ha contribuito alla sua realizzazione. Se i giudei non hanno compreso e accettato la prima venuta, non riconoscendo il Messia Gesù, ora possono prepararsi alla sua seconda venuta, quando avverrà anche la restaurazione per Israele. È accogliendo il Vangelo, che è Cristo, a farci entrare nella Pasqua-Pentecoste.

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